Non solo scarpe rosse
Tante
scarpe rosse hanno riempito le piazze d’Italia nelle varie
manifestazioni che hanno sensibilizzato l’opinione pubblica e gli
italiani verso il problema della violenza contro le donne salito agli
onori della cronaca in questi ultimi tempi. Il parlamento italiano
ha approvato con il carattere d’urgenza una legge che potesse in
qualche modo cominciare a delineare i contorni di una situazione che
emerge dall’anonimato in maniera sempre più evidente. Anche a Chioggia,
l’Assessorato Pari Opportunità a nome dell’amministrazione intera ha
voluto promuovere una serie di manifestazioni che hanno caratterizzato
l’intero mese di Novembre. Tra queste lo spettacolo teatrale “La scelta
di Antigone” (nella foto) di domenica 24 in Auditorium comunale a
Chioggia messo in scena dal Gruppo Chorea sotto l’attenta magistrale
regia e coreografia di Francesca Serafini e Patrizia Aricò, non certo
nuove a questo genere di rappresentazione dall’elevato tenore
culturale. La rappresentazione teatrale e la danza sono le forme d’arte
che meglio si prestano ad una forma di comunicazione diretta con il
pubblico, emozionante e coinvolgente, che obbliga l’attento spettatore
ad una riflessione profonda. Così è stato anche per la piece teatrale
che le interpreti Marina Alfiero, Santa Boscolo, Giorgia Boscolo
Sassariolo, Serena Boscolo Anzoletti e Claudia Donin hanno messo in
scena sul palco dell’Auditorium, un intreccio di storie di donne
dall’Antigone di Anouilh a Isadora Duncan e Amelia Earhart. In comune
una scelta, coraggiosa e dolorosa, che mette in gioco la vita stessa,
fatta con consapevolezza e orgoglio, non senza travagliati passaggi
interiori che rivelano all’ignaro spettatore un nuovo universo: la
dimensione femminile. Una dimensione non banalizzata dalla sola
differenza di genere e contrapposta a quella maschile in una lista di
luoghi comuni, ma la rivelazione che, dietro il paradigma culturale di
una
situazione rimasta prigioniera di schematizzazioni e superficialità,
esistono vie e dimensioni inesplorate che Aricò e Serafini hanno saputo
cogliere e comunicare con il linguaggio della narrazione e con quello
del corpo. Le danzatrici Gloria Bondesan, Laura Bonaldo, Roberta
Cattozzo e Francesca Perini hanno sottolineato con le loro movenze
suggestive i passaggi più ricchi di pathos, accompagnati talora dalla
musica del flauto traverso di Giorgia Ghezzo. Una coreografia di
movimenti intrecciati resi semplici e armoniosi dall’elegante
interpretazione che il gruppo Chorea (da molto tempo) ci ha abituato a
gustare. Patrizia, Marina, Serena, Giorgia, hanno curato un testo che ha
letteralmente calato un silenzio nella sala dell’Auditorium come poche
volte accade, come accade per gli spettacoli importanti. L’intento di
porre all’attenzione una condizione quale quella femminile, questo
dramma antico, come lo definisce Serena Dandini (da cui è stata tratta
parte della rappresentazione), lo sforzo di far emergere una situazione
latente e invisibile è davvero riuscito. La violenza sulle donne è
stata per troppo tempo considerata un particolare accessorio, una
condizione inevitabile, una situazione normale attinente alla sfera
umana. La differenza tra universi maschile e femminile in realtà
appartengono a un tutto che è la società civile stessa, a volte
incapace e cieca nel riconoscere situazioni e nell’assegnare regole.
Regole che, purtroppo, sopravvivono ancora in una cultura incapace
forse di fare un balzo in avanti per paura di strappare con il passato.
Esiste davvero una necessità di consapevolezza nuova.
Dai
tempi in cui il delitto d’onore era legittimato dalla legislazione
dello stato italiano di passi avanti se ne son fatti tanti, ma se
allarghiamo l’orizzonte all’Europa molta strada rimane da fare. In
questa prospettiva i canali di comunicazione quali teatro e danza che
si sono salvati dall’appiattimento della digitalizzazione rimangono
forme d’arte che arrivano dirette alla coscienza delle persone.
L’auspicio è che rappresentazioni come quella di domenica 24 trovino
sempre porte spalancate alla loro realizzazione con grande beneficio di
tutti. (Pietro Alfiero)
Foto nell'articolo di Maurizio Mollicone
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